Pubblicato da: deroryqra | febbraio 21, 2011

Deror Yqrà CAMBIA SEDE!

Benvenuti ancora con noi.

Abbiamo deciso di cambiare sede per fornirvi Be”H un servizio ancora migliore.

Ci trovate:

IL NUOVO BLOG – dove troverete tutti gli articoli finora pubblicati e quelli che Be”H verranno pubblicati!

I TEHILLIM TRASLITTERATI – dove troverete un gran numero di Tehillim traslitterati.

LA TEFILLA’H TRASLITTERATA – dove troverete parti di Tefillàh traslitterata in italiano.

– I VIDEO su YouTube, in particolare sulla Parashat HaShavu’a

– e tanto tanto altro che troverete pagina dopo pagina…

Buona continuazione di studio, e restate con noi!

Pubblicato da: deroryqra | febbraio 21, 2011

Ben Ish Chai

Il “Ben Ish Chai” è un testo scritto da Rabbenu Yossef Chajim ז”ל, spesso conosciuto più con il nome della sua opera che con il nome proprio.

Rabbenu Yossef Chajim ז”ל era un grandissimo פוסק Poseq ~ decisore di Halakhàh e Mequbbal. Nativo della Qehillat Qodesh di Bagdad יע”א, discende da una famiglia di grandi תלמידי חכמים Talmidè Chakhamim ~ n.l. saggi, tali Rabbenu Moshèh Chajim ז”ל, suo nonno e il padre Rabbenu Eliahu Chajim ז”ל.

Fin da piccolo Rabbenu Yossef Chajim ז”ל aveva dimostrato un innato amore per la Toràh HaQedoshàh e un enorme potenziale che stava sempre più sviluppando. E’ diventato popolare agli occhi del vasto pubblico solo all’età di 26 anni alla scomparasa del padre Rabbenu Eliahu Chajim ז”ל, Darshan ufficiale a Bagdad,  che ha poi sostituito.

Famoso per essere un חכם Chakham ~ Saggio completo, su ogni singola questione sapeva rispondere, dalla Halakhàh alle questioni di Aggadàh e Midrashim, dal Tanakh fino alla Qabbalàh, passando per consigli per ogni questione pratica, dei singoli, delle famiglie, questioni tra moglie e marito, educazione, questioni pubbliche e comunitarie.

Un personaggio pubblico a tutti gli effetti. Senza poi contare tutte le questioni che gli venivano inviate dall’estero, da qualsiasi luogo in cui ci fossero ebrei. Dal Marocco all’India, dalla Spagna fino alla Turchia, per passare dall’Italia, tutti chiedevano domande al “Ben Ish Chai” su qualsiasi argomento. Tanto che i Chakhamim dell’Isola di Djerba, tra le più acculturate comunità al mondo all’epoca dicevano che chi riceve dal “Ben Ish Chai” è come se ricevesse direttamente dal Sinai!

Ogni Shabbat Qodesh teneva una derashàh fissa di 3 ore di fila prima di Minchàh nel Bet HaKenesset “piccolo” di Bagdad יע”א. Si chiamava “piccolo” rispetto a quello grande, poichè conteneva meno di 1000 persone… che ogni shabbat era gremito di uomini, donne e bambini, tutti desiderosi di sentire Rabbenu Yossef Chajim ז”ל, che aveva capacità oratorie incredibili.

3 ore d’intrattenimento puro a suon di Derashot sulla Toràh, sulla Haftaràh, משלים Meshalim ~ parabole, storie vere ed inventate, Halakhot in un mix unico e concentrato come solo un Grande sapeva dare.  Si racconta di lui che non ripetesse mai la stessa cosa.

In quattro Shabbatot all’anno, particolari per le loro derashot, si passava poi al Bet HaKenesset “Grande”, riempito anch’esso completamente, fino ad avere persone che ascoltavano da fuori. In queste occasioni accadeva un miracolo evidente a tutti – tutti, ovunque si trovassero, riuscivano a sentirlo senza problemi… [oltre all’avere tutto il pubblico in silenzio, cosa comunque necessaria in un Bet HaKenesset per rispetto al luogo, oltre che alla persona che fa la Derashàh].

In vita ha pubblicato oltre 50 opere, che sono neanche un quarto di quelle che ha scritto effettivamente, ricoprendo così ad ampio raggio molteplici canali dello scibile umano. Una delle opere più famose è il “Ben Ish Chai”, che è una riduzione di un paio d’anni dei suoi discorsi delle derashot di Shabbat, prendendo solo la parte di Halakhàh e anticipandola con un piccolo Devar Toràh sulla Parashàh settimanale (o sui Pirqè Avot nel periodo dell”Omer), solitamente con un rivestimento “secondo la Qabbalàh”  spiegata in un modo che anche chi non fosse troppo dentro la Qabbalàh potesse comprendere. [Oggi si fatica un po’ di più per comprendere determinate parti, poichè molto più spesso mancano le basi… Be”H di migliorare!]

Il Ben Ish Chai in sintesi è una specie di “Qitzur Shulchan ‘Aruch” scritto in modo abbastanza innovativo. Sia perchè viene diviso per “parashot”, in cui viene trattato in ognuna un argomento principale differente; sia perchè ogni argomento viene unito attraverso la Derashàh con un פסוק pasuq ~ versetto da cui comincia la Derashàh. La sintesi delle Halakhot è doppiamente particolare, sia per la relativa concisione sia perchè ciò non toglie che spesso vengano spiegate meglio le motivazioni per cui ci vengono date determinate halakhot, spesso anche rivelando ciò che c’è dietro l’apparenza delle cose.

Oggigiorno il “Ben Ish Chai” è considerato un “must” della Halakhàh, in particolare sefaradita per gli usi spesso riportati, ma che ha avuto comunque diffusione in tutto il Mondo.

Dimenticavo, Rabbenu Yossef Chajim ז”ל è mancato meno di 102 anni fa.

Pubblicato da: deroryqra | febbraio 20, 2011

Pregare per le persone scomparse…

Per pregare לעילוי נשמת Le’illui Nishmat, cioè per l’innalzamento dell’anima di una persona scomparsa si usa recitare una composizione di מזמורים Mizmorim ~ salmi che forma:
il nome dello scomparso/a e il nome di sua madre, aggiungendo la parola נשמה Neshamàh ~ Anima.
Abbiamo di seguito qualche informazione, riportata nella nuova sezione del Blog sui Tehillim Traslitterati!

Ad esempio:
Se la persona in questione si chiama Abramo e il nome di sua madre è Saràh, allora la composizione sarà:
Avraham Ben Saràh Neshamàh
אברהם בן שרה נשמה
Vi forniamo qui un servizio abbastanza completo. Potete trovare una lista di nomi qui sotto a destra tra cui scegliere, se non trovate anche quello della vostra persona cara, ditecelo e Be”H lo aggiungeremo quanto prima possibile. Dopo aver letto il nome proprio, si passa alle “Parole Chiave” a sinistra e si seleziona “Figlio di בן Ben” nel caso lo scomparso sia un uomo, e “Figlia di בת Bat” nel caso sia una donna. Seguito dal nome della madre (a destra) e dalla parola Neshamàh.
E’ meglio recitare il nome ebraico se presente. Nel caso non ci fosse, allora è possibile utilizzare anche il nome comunemente utilizzato per chiamare la persona.
Nel caso una persona sia Gher, in tal caso è necessario dire ben Saràh.

In sintesi
– Nome proprio (meglio se ebraico) [dalla serie di destra ]
– Ben (per un uomo) o Bat (per una donna) [dalla serie di Sinistra]
– Nome della madre [dalla serie di destra]
– נשמה Neshamàh [dalla serie di sinistra]

Piccola Avvertenza
Se una persona vuole cominciare a pregare in maniera fissa per tale anima, è opportuno dire prima che lo si fa “BELI NEDER”, senza promessa, in modo tale da non rendere tale preghiera un dovere come una promessa.
Pubblicato da: deroryqra | febbraio 17, 2011

Purim Qatan

Il 14 e il 15 di Adar Alef sono date particolari.

L’ultimo Siman (697) dello Shulchan ‘Aruch Orach Chajim è dedicato completamente a queste.

Ma cominciamo dall’inizio.

Ogni anno il 14 e il 15 di Adar abbiamo rispettivamente Purim e Purim Shushan.

In una שנה מעוברת Shanàh Me’ubberet, solitamente tradotto come anno embolismico o letteralmente “anno incinto”, in cui abbiamo 2 mesi di Adar consecutivi (Adar Alef e Adar Bet) anzichè uno solo, Purim si sposta nel secondo.

Ma il 14 e il 15 di Adar Alef  (il primo Adar, in cui ci troviamo) non hanno alcuna particolarità?

Ce l’hanno. Questi due giorni sono chiamati “Purim Qatan”, in cui NON SI COMPIONO LE MIZWOT DI PURIM, ma abbiamo una certa “versione ridotta” di atmosfera di festa, degna di tutto il mese di Adar. O meglio di tutti i Mesi di Adar.

A Purim Qatan riporta lo Shulchan ‘Aruch Orach Chajim nel suo ultimo Siman (697) che non si recita tachanun. E in base all’uso comune, non si recita neppure a Minchàh della vigilia.

Quindi il 13 a Minchàh, il 14 e il 15 di Adar Alef non si recita alcun Tachanun.

Cos’è il Tachanun?  (in brevissima)

Il Tachanun è traducibile come “confessione di peccati” con altri brani legati alla Teshuvàh. Questi brani si leggono in diverse occasioni: dopo la ‘amidàh di Shacharit e di Minchàh dei giorni feriali e c’è chi usa leggere il “Viddui” anche nella Qeriat Shem’à ‘al Hamittàh, cioè la lettura dello Shem’à che si recita ogni giorno prima di andare a dormire.

Il Tachanun non si recita in determinati periodi dell’anno.

Perchè? LEV NISHBAR!

Abbiamo una norma generale – bisogna cercare di non essere tristi, e riuscire ad essere allegri! Bisogna riuscire a concentrare i “sentimenti negativi” in momenti specifici e particolari – questi momenti sono dedicati a ripensare alle proprie עברות ‘averot, in modo da poterle cancellare. Si parla di לב נשבר “Lev Nishbar” traducibile letteralmente ma impropriamente come “cuore  sul punto di spezzarsi”.

La differenza tra una persona triste e un “Lev Nishbar” la si può spiegare in un modo semplice – se subito dopo si è capaci di essere contenti. Una persona triste non riesce a cambiare status, poichè la sua situazione “sentimentale” influenza quella intellettuale. D’altra parte un “Lev Nishbar” influenza attraverso la comprensione intellettuale di ciò che non va nelle proprie azioni la sfera “sentimentale”, per riuscire a manifestare a sè stesso ciò che non va.

Nella Toràh non c’è posto per “sensi di colpa” che sono una cosa negativa che non porta nessun miglioramento. Esiste però il concetto di pentimento intellettuale (ossia l’arrivare a comprendere a livello conscio che quello che ho fatto non va bene) e poi “sentimentale” (ossia il dispiacersi per come ci si è comportati). Il fatto stesso di rendersi conto che il modo in cui ci si è comportati non va bene, e il decidere fermamente di cambiare in meglio il proprio comportamento può “riparare” l’azione sbagliata. E’ necessario però un atto pratico come dimostrazione a sè stessi per esplicitare la consapevolezza di aver errato e di voler cambiare. In questo consiste ilTachanun.

Tornando al concetto di “Lev Nishbar”, anche questo atteggiamento non è adatto a determinati giorni considerati particolarmente gioiosi. Pertanto in tali giorni si evita di recitare il Tachanun.

Tornando ad Adar …

Nei giorni di Adar Alef abbiamo quindi i giorni di Purim Qatan e Purim Shushan Qatan, rispettivamente il 14 e il 15 di Adar Alef che sono considerati particolarmente gioiosi. Quindi non si recita in essi Tachanun.

Praticamente in ogni giorno in cui non si recita il tachanun, l’uso comune è di non recitarlo già da Minchàh della vigilia. [C’è un eccezione discussa riguardo a Pessach Shenì].

C’è chi dice inoltre che nei giorni di Purim Qatan sono da evitare anche digiuni e הספדים hespedim ~ discorsi funebri ל”ע. [Orach Chajim 697:1]

Inoltre c’è chi sostiene che è opportuno fare un pasto particolare per il 14 di Adar Alef, sia per chi festeggia Purim “normale” che per le città cinte di mura che festeggiano Purim Shushan; ma la cosa migliore è semplicemente abbondare nel pasto che già si fa durante il giorno. [Ramà Orach Chajim 697:1, Mishnàh Beruràh 697:4, Kaf HaChajim Sofer 697:8]. C’è chi sostiene che anche il 15 è bene fare un po’ di abbondanza  [Kaf HaChajim Sofer 697:8 a nome del Levush e Eliahu Rabbàh]

Quando capita di Shabbat

Quando capita di Shabbat, come quest’anno il 5771 (’11), allora anzichè dire i versetti di צדקתך “Tzidqatekhà” a Minchàh, si recita “Yehì Shem”. [Kaf HaChajim Sofer Orach Chajim 697:3]

P.s. Sicuramente non si legge ‘al HaNissim in alcun caso, poichè è dipendente dalla Meghillàh, che non si legge ad Adar Alef. [Kaf HaChajim Sofer Orach Chajim 697:2]

Shabbat Shalom & Purim Qatan Sameach

Pubblicato da: deroryqra | febbraio 15, 2011

Video Devar Toràh: Introduzione alla Parashàh di Tezzavèh

Perchè nella parashàh di Tezzavèh non viene ricordato il nome di Moshèh?
Cosa significa Tezzavèh?
Se faccio una Mizwàh con un secondo fine è una mizwàh?
Se faccio qualcosa di buono a qualcuno è una Mizwàh?
Queste e altre domande troveranno Be”H risposta in questo video!

 

Pubblicato da: deroryqra | febbraio 9, 2011

Non essere come Qorach e la sua compagnia

Questo e altri nuovi articoli sul nostro nuovo blog: http://deroryqra.blogspot.com

Abbiamo un, purtroppo poco noto, divieto esplicito nella Toràh di non comportarsi come Qorach e la sua compagnia.

La storia di Qorach in breve

La storia di Qorach è raccontata nel libro di Bemidbar, all’inizio della Parashàh di Qorach.

Riassumiamola in poche righe. Qorach è uno dei massimi esponenti del popolo ebraico. Chakham di grandezza enorme, giunto a livello di Ruach HaQodesh (riassumibile forse come connessione con HaQadosh Barukh Hu), decide di opporsi a Moshèh. Non lo fa direttamente, perchè sa che non potrebbe aver successo. Lo fa quindi indirettamente, attaccando la figura del Kohen Gadol.

Chiede indirettamente: com’è possibile che Moshèh sia il מלך “Melekh” ~ re (perchè questo era, anche se non con questo nome), e suo fratello Aharon il Kohen Gadol? Forse è una “questione di famiglia”?

Ma la domanda diretta è un’altra: tutti siamo Qedoshim (~ santi, distinti)! Quindi perchè non tutti possiamo essere Kohanim Ghedolim?

Per fare questa opposizione, riesce a convincere 250 tra i “grandi” ad unirsi a lui. Oltre a loro abbiamo due figure, Datan & Aviram, che avevano più intenzione polemica che “ideologica”.

Si scopre poi che effettivamente la loro domanda diretta non è ciò che pensano, poichè Moshèh spiega che non è possibile che tutti siano Kohanim Ghedolim, ma uno soltanto. Però è possibile fare una prova per vedere  chi è scelto da HaQadosh Barukh Hu per il ruolo… Tutti decidono di mettersi alla prova… e l’opposizione continua, nonostante in forma miracolosa si sia dimostrato che Aharon è il prescelto come Kohen Gadol!

Si rivela pertanto agli occhi di tutti che l’intenzione della congrega non è quella del principio, che può essere anche giusto, che è stato dichiarato… Ma solo quella di “ribellarsi”, anche se con un possibile buon motivo.

Al che è avvenuto un miracolo mai avvenuto nella storia, la terra si è aperta come una bocca, ed ha “mangiato” esattamente le 253 persone coinvolte nella “congiura di Qorach” nel posto in cui si trovavano, con i loro beni, davanti agli occhi di tutti.

Come avrebbero dovuto fare?

Se una persona ha una causa da portare avanti come dovrebbe fare? Spesso capita. Ed è importante combattere per le proprie cause. Ma bisogna sapere come portarla avanti. La Toràh HaQedoshàh con le sue Mizwot relative ai rapporti interpersonali (Ben Adam LaChaverò) ci illustra tutti i passi. Tra questi troviamo il non aumentare la polemica davanti alle persone. Non aiuta se non ad aumentare (a) l’odio gratuito, poichè solitamente le persone “incuriosite” aumentano e ognuno dice la sua, pur non sapendo bene com’è stata la dinamica, (b) la reçhilut, traducibile come pettegolezzo, anche se non cambiano le cose rispetto a ciò che sono (cosa che avviene più che spesso), (c)  il Lashon HaR’à cioè la maldicenza per la persona, e non per l’idea rivestita… Il Lashon HaR’à è un divieto su questioni vere – se si aggiunge anche qualche menzogna è peggio… E questi solo per illustrare alcune delle conseguenze. Quindi colui che ha iniziato questa polemica cos’ha guadagnato? Solo di alzare un polverone contro questa persona. E di solito i polveroni non servono nella pratica.

Ma almeno io ho espresso le mie idee…

E’ legittimo esprimere le proprie idee, ma bisogna sapere come. Se Qorach avesse parlato direttamente a Moshèh Rabbenu ע”ה non davanti agli occhi di tutti e senza coinvolgere altre persone, le cose sarebbero andate sicuramente in modo diverso e più proficuo.

Se effettivamente il motivo di esprimere le idee non è fine a “far sentire soltanto la mia voce”, ma a migliorare, è chiaro che è meglio puntare su un metodo più efficace.

Portare le polemiche in piazza di solito è utile solo a fare scalpore e a chi è alla ricerca “della notizia”! Ma non a sistemare effettivamente le cose.

Dicendo invece le cose direttamente all’interessato da parte, si riescono ad ottenere risultati concreti. Se poi non è possibile in tal modo si deve verificare come migliorare la questione. I metodi non mancano. Se poi non è possibile altrimenti, e si sono provate tutte le vie, ed è sicuro che c’è miglioramento discutendone effettivamente, solo allora si può parlare in pubblico.

Molto spesso inoltre, le persone vogliono coinvolgersi nella situazione, per far sapere anche la loro opinione. Cosa aiuta? Solitamente danneggia soltanto, perchè la questione ha maggiore risonanza, e solitamente poi la cosa viene anche sfruttata da persone che magari sono un po’ meno in buona fede.

Qorach poteva avere buoni motivi… Ma Datan e Aviram sicuramente erano un po’ meno idealisti, come testimoniato nei Tehillim. La questione era sollevare un polverone contro Moshèh. In ogni “ribellione” contro Moshèh loro ci sono: sono loro che dicono al Faraone dell’uccisione dell’egiziano quando erano in Egitto, sono loro che fanno la voce contraria quando sono sul Yam Suf “meglio tornare in Egitto, ma dove ci stai portando?”, sono loro che scatenano diverse sommosse… e qui giungono alla fine.

Non bisogna dare adito a queste polemiche.

In generale il divieto della Toràh di non essere come Qorach e la sua congrega riguarda tutti i casi in cui si effettua una polemica. Ma non solo quando la si effettua: anche quando la si alimenta.

Spesso è possibile “tranciare” le polemiche semplicemente non rispondendo, oppure senza dare troppo peso alla cosa. Altre volte portando da parte il polemico o il polemizzato e parlargli della gravità della questione.

Ogni persona che aggiunge alla polemica, portando così maggior risalto alla cosa, deve rendersi conto che non migliora la situazione, ma la peggiora soltanto. La questione non dev’essere polemizzare, ma portare fine e miglioramento alla situazione.  Ogni persona che aggiunge – diventa anche lui partecipe alla polemica e si rende parte della “congrega”.

Se non è possibile fare nulla – allontanarsi è meglio, così che il polemico capisca che non è seguito, e smetta… E se anche non smette, almeno non si aggiunge altra legna sul fuoco…

 

La questione è una sola: RIFLETTIAMO PRIMA DI AGIRE – è possibile che lo sdegno sia tale che non è possibile trattenersi… Ma forse non stiamo facendo anche noi danno? Non per forza allo stesso livello di chi ha provocato il motivo della polemica, ma comunque perchè aggiungere DANNO AL DANNO?

PENSIAMO EFFETTIVAMENTE SE C’E’ UTILITA’ NELLA COSA…

Non comportiamoci come Qorach.

On ben Pellet

L’unico a salvarsi di tutta la congiura di Qorach è stato On ben Pellet.

Come?

Lui faceva parte della congiura, ma sua moglie era contraria. Gli ha detto – sia che “vinca” l’uno che l’altro, in ogni caso tu non hai utilità… Non hai nessun guadagno. Stattene a casa e non aumentare le polemiche.

Chiaramente On ben Pellet non voleva stare a sentire la moglie…

Ma lei è stata più furba. Gli ha dato da mangiare pesante, l’ha fatto addormentare, e si è messa sulla porta della tenda a capo scoperto così che nessuno entrasse (poichè una donna sposata dovrebbe coprirsi la testa, almeno in luoghi pubblici o in generale dinnanzi ad estranei).

Così la rivolta ha preso atto e On ben Pellet dormiva…

La saggezza di sua moglie l’ha salvato… con cosa? un RAGIONAMENTO SEMPLICE: AIUTA QUALCOSA FARE POLEMICA?

 

Yehi Ratzon che possiamo imparare presto ad evitare di entrare in questi campi di polemica.

 

[Alcune Fonti del divieto: Bamidbar 17, 5 – riportato come divieto esplicitamente su questioni di Machloqet polemica in Sanhedrin 110 ‘amud alef; riportato poi dal Rambam ז”ל nel Sefer HaMizwot (L_av 45) Sefer HaMizwot Gadol (Lo Ta’asèh 157), da Rabbenu Yonàh (Sha’ar 3 Mamar 58) e dal Chafetz Chajim (Laavin 12).]

Pubblicato da: deroryqra | febbraio 6, 2011

Donne nel Tanakh 2 – Iskàh

Molti non l’hanno mai sentita, altri più attenti sanno invece che se ne parla alla fine della Parashàh di Noach.

Altri ancora sanno anche a chi ci si riferisce con questo nome.

Ma cominciamo dall’inizio.

Al termine della Parashàh di Noach la Toràh dice (Bereshit 11, 29):

וַיִּקַּח אַבְרָם וְנָחוֹר לָהֶם נָשִׁים שֵׁם אֵשֶׁת אַבְרָם שָׂרָי וְשֵׁם אֵשֶׁת נָחוֹר מִלְכָּה בַּת הָרָן אֲבִי מִלְכָּה וַאֲבִי יִסְכָּה

E prese(ro) Avram e Nachor per loro donne. Il nome della moglie di Avram è Sarai, e il nome della moglie di Nachor è Milkàh figlia di Haran, padre di Milkàh e padre di Iskàh.

Questa traduzione non suona bene in italiano, ma è difficile da rendere fedele al testo un versetto del genere; abbiamo alcune stranezze come il verbo ויקח Vayqqach ~ E prese, che è singolare, ma si parla di due persone, che andrebbe approfondito… ma non è questo il nostro argomento al momento.

La parte che c’interessa analizzare al momento è la seconda, divisibile in 3 parti:

1. Avraham Avinu ע”ה (ai tempi ancora Avram senza la He, aggiuntagli dopo da הקדוש ברוך הוא HaQadosh Barukh Hu ~ il Santo Benedetto Egli Sia) si è sposato con Saràh Immenu ע”ה (ai tempi Sarai, cambiato poi da HaQadosh Barukh Hu).

2. Nachor, il fratello di Avraham Avinu ע”ה, prende per moglie Milkàh.

3. Milkàh e Iskàh sono figlie entrambe di Haran (anch’esso fratello di Avraham אע”ה).

Sulla terza parte ci sono diverse domande da porsi:

Chi è Iskàh?

E perchè viene ricordata?

Spiego meglio la domanda.

La Toràh non ci racconta dettagli inutili; non è un libro di storie o di messaggi “etici”, come purtroppo si sente ogni tanto dire. Rabbì Shim’on Bar Yochai, noto תנא Tannà ~ maestro dell’epoca della Mishnàh protagonista della canzone “Bar Yochai” e autore dello Zohar HaQadosh, dice esplicitamente che la Toràh non può essere considerata neanche lontanamente come un libro di aneddoti; delinea anche un motivo semplice a prima vista – se voleva essere scritta come libro di storie, potevano essere molto più avvincenti.

Consideriamo che nel Mishnèh Toràh del Rambam ז”ל, opera scritta da un essere umano per quanto di Elevatura incredibile e spesso difficilmente concepibile ai giorni nostri, non c’è neppure una parola di troppo. Tanto più nella stesura della ghemarà, Mishnàh e Toràh scritta. Nella Toràh scritta addirittura su ogni segnetto sulle lettere ebraiche (chiamati tagghim), sono spiegabili un numero elevato di Halakhot. Quindi sicuramente non abbiamo nulla di “inutile”, e su ogni stranezza bisogna porsi domande… Anche se non sempre, specie se non si studia in modo efficace e costante, è possibile trovare in tempi brevi risposta. Be”H שנזכה Shenizkèh ~ che lo meriteremmo.

Ora, dopo questa importante parentesi, torniamo a noi. Che senso ha parlare di Iskàh? Non viene menzionata con questo nome in nessun luogo in tutta la Toràh. Allora perchè menzionarla qui?

Inoltre, cosa c’importa di lei?

E cosa del fatto che è figlia di Haran?

Come fare a trovare risposta?

Come ben sappiamo, non è possibile studiare Toràh Shebikhtav senza il suo complemento di Toràh Sheba’al Pèh, su cui i chakhamim ז”ל si basano. E ciò perchè una è il complemento dell’altra. E’ come se la תורה שבכתב Toràh Shebikhtav ~ la Toràh scritta sia leggibile solo con un codice particolare, ben descritto e delineato dalla תורה שבעל פה Toràh Sheba’al Pèh ~ Toràh Orale (in seguito scritta sotto forma di Mishnàh, Talmud, Tosefta, Midrashim e tanto altro…).

Troviamo infatti tantissimi elementi “citati” nella Toràh Shebikhtav che in teoria non sembrano avere molto senso…

Ma confrontati con la Toràh Sheba’al Pèh non solo lo acquistano, ma si comprende molto di più anche la profondità della questione.

Dove troviamo quindi nella Toràh Sheba’al Pèh il nome di Iskhàh?

Troviamo il nome di Iskàh in Massekhet Meghillàh (daf 14 ‘amud alef), poco dopo aver detto che ci sono 7 donne che sono state נביאות Neviot ~ profetesse. Non si parla in quella pagina di semplici neviot, ma di neviot per tutte le generazioni, cioè che hanno realizzato almeno una נבואה Nevuàh ~ profezia riportata nel Tanakh e che non è legata strettamente al loro periodo (cosa che solitamente accadeva), ma a tutte le generazioni future. Quindi il livello è ancora più alto dei normali נביאים Neviim ~ profeti. Nella lista dei Neviim per le generazioni troviamo solo 48 Neviim uomini e 7 Neviot donne. Se consideriamo che solo ai tempi di ‘Ovadiàh sono stati nascosti 300 Neviim da ‘Ovadiàh stesso, il numero di Neviim di questo genere acquistano importanza ancora maggiore. E 7 di loro sono donne, che si sono elevate spiritualmente attraverso l’applicazione di Toràh e Mizwot, in particolare del Chessed, cioè la mizwàh di compiere atti di aiuto per il prossimo, ricco o povero che sia [Per la spiegazione di cosa sia il Chessed rimando ad un video sulla Parashàh di Terumàh].

Dopo questa breve, ma importante introduzione passiamo alla lettura di una riga di ghemarà (Meghillàh daf 14 ‘amud alef) che citiamo:

שבע נביאות מאן נינהו שרה מרים דבורה חנה אביגיל חולדה ואסתר שרה דכתיב אבי מלכה ואבי יסכה ואמר ר’ יצחק יסכה זו שרה

Chi sono le sette Neviot ~ profetesse? (1) Saràh, (2) Miryam, (3) Devoràh, (4) Channàh, (5) Avigail, (6), Chuldàh ed (7) Ester.

Saràh poichè è scritto (Bereshit 11, 29) “il padre di Milkàh e il padre di Iskàh”. E dice Rav Izchaq: Iskhàh è Saràh!

 

Abbiamo quindi trovato la nostra Iskàh – Iskàh è Saràh Immenu ע”ה!

Saràh è Iskàh

In base alla Toràh Sheba’al Pèh molti מפרשים mefareshim ~ commentatori riportano che Iskàh è Saràh אע”ה. Ricordiamo tra questi: il Targum Yonatan, Rashì, Rabbenu Avraham Ibn ‘Ezrà e il Ba’al HaTurim.

Perchè Saràh è chiamata Iskàh?

Bisogna cercare di comprendere! Perchè mai chiamare Saràh con un altro nome? In teoria confonde solo le idee…

Per chiarirlo bisogna capire meglio cos’è un nome, almeno nei suoi principi base. Un nome delinea le caratteristiche della persona che si chiama in tale modo; non perchè il nome le limiti, ma perché attraverso il nome con cui si è chiamati si riesce ad attingere a forze spirituali che sono connesse alle lettere di cui è formato il nome stesso. Per questo motivo in particolare i mequbbalim (cioè gli studiosi di Qabbalàh) sottolineano che è importante (a) avere un nome ebraico e (b) essere anche chiamati con il proprio nome e non con un vezzeggiativo. Sottolineo che quest’ultima non è una questione obbligatoria dal punto di vista di Halakhàh, ma ha una sua enorme utilità, per tirare fuori potenzialità che spesso abbiamo in noi nascoste e non conosciamo.

La ghemarà (Meghillàh daf 14 ‘amud alef) infatti chiede subito dopo: “Perchè chiamarla Iskàh?”

La ghemarà delinea due caratteristiche principali, che il nome di Saràh non delinea. Il primo è che Saràh si chiama Iskàh perchè si era “cosparsa” di Ruach HaQodesh (connessione diretta con HQB”H) che è la base della Nevuàh. [Il verbo che abbiamo tradotto come “cosparsa” (שסכתה) in ebraico ha la stessa radice della parola del nome Iskàh].

C’è da sottolineare che in alcune questioni di Nevuàh, Saràh era addirittura superiore ad Avraham אע”ה!

Il secondo che tutti rimanevano impressionati ( שהכל סוכין ביופי’) dalla sua bellezza. Ci sarebbe un po’ da parlare anche di questo elemento… Ma sarà(h) per un’altra volta ב”נ וב”ש…

Torniamo al versetto…

Torniamo quindi alle domande iniziali:

Chi è Iskàh? Iskàh è Saràh Immenu ע”ה come ricordato in Massekhet Meghillàh (daf 14 ‘amud alef).

Cosa c’importa del fatto che è figlia di Haran? Perchè Saràh stessa è figlia di Haran, e c’è necessità di sapere da che famiglia discende.

E perchè viene ricordata? Saràh Immenu ע”ה viene ricordata come Iskàh per portare alla luce caratteristiche che il nome Saràh non delinea completamente.

Continuiamo quindi con il percorso di “conoscenza” di alcune grandi figure del popolo di ‘Am Israel!

Clicca qui per altri articoli sulle donne nel Mondo Ebraico.

Pubblicato da: deroryqra | febbraio 4, 2011

Bonjour Finesse!

Visitateci sul nostro nuovo blog: http://deroryqra.blogspot.com

Tutti quanti da bambini abbiamo sentito papà e mamma che ci hanno detto di non dire parolacce.

Tutti i genitori dicono ai figli di non dire parolacce, stanno attenti che non le sentano a casa, alla televisione, a scuola.

Ognuno secondo quanto riesce a controllare la situazione.

Poi qualcosa cambia…

 

Perchè quando si è bambini è considerato un MALE dire parolacce e poi addirittura “è bello di brutto”, per non utilizzare esclamazioni più volgari?

E’ ovvio per tutti che dire le parolacce non sia una cosa corretta.

Spesso lo Yetzer HaR’à, rivestito da società, compagni, abitudine, ci dice che invece è una bella cosa.

 

Ci sono diversi aspetti per cui è abbastanza sensato smettere (o meglio non iniziare) ad utilizzare un linguaggio scurrile, alcuni più conosciuti, altri meno. Sicuramente non parleremo di tutti i motivi, ma possiamo prenderne in considerazione alcuni:

a. E’ logicamente un male dire parolacce. Solitamente il comportamento che ogni genitore vorrebbe dal figlio quando è ancora bambino si avvicina di più alla correttezza. Proprio perchè il bambino è più puro, ogni genitore sano vuole cercare di mantenerlo quanto più a lungo possibile in questo modo. Non c’è molto da obiettare su questo punto.

b. Cosa c’è dietro la parola? Se una persona si mettesse un attimo solo a pensare cosa significa esattamente quella parola, difficilmente la ripeterebbe, almeno per la vergogna. Spesso parliamo di parole di cui molti, pur sapendo il significato, ne intendono un altro. Perchè non utilizzare le parole nel loro vero significato?

c. Ma Che ci perdo? Potrebbe anche essere corretto che è un intrinseco male dire parolacce, che effettivamente sto sporcando la mia bocca dicendo cose di cui se ci ragiono un attimo mi vergogno di averle dette. Ma tanto che ci perdo?

Ci si perdono diverse cose, alcune logiche, altre riportate da fonti; mentre sulle prime oggigiorno forse si può discutere di più, poichè spesso la figura del “bravo ragazzo” è considerata “obsoleta” come minimo, sulle seconde non c’è molto da dire – sono garantite dal Talmud. Abbiamo una mezza facciata di talmud almeno sull’ עון של נבלות פה ‘avon shel Navlut Peh cioè il peccato di “sporcare la bocca” con parole e concetti poco idonei. Non riporto tutto ciò che dice la ghemarà, ma cito solo un elemento: “Dice Rav Chanan Bar Abbà … chiunque “sporchi la sua bocca” persino se gli è stato sigillato un גזר דין Ghezar Din ~ Giudizio di 70 anni di cose buone, si trasformano in male”, chas veshalom.

Predica? No grazie!

Ora, chas veshalom, nessuno ha intenzione di “fare la predica”, non è mai stato lo scopo di nessun post del blog; e tantomeno quello di fare una “politica del terrore”, che in campo ebraico dei Chakhamim ז”ל veri e propri che non la approvano, anche SE SPESSO GLI E’ STATA MESSA IN BOCCA DA ALTRI, a volte anche in buona fede, ma principalmente in seguito al paragone con politiche del genere utilizzate da altre entità, estranee a quelle ebraiche.

Se vedessimo un bambino che mette le dita nella presa elettrica non lo fermeremmo forse? Ma il bambino non ci vede nulla di male! Anzi, si sta divertendo. Una persona che non lo fermi è considerabile come minimo un irresponsabile, se non quasi un assassino. Perchè? Perchè mettere le dita nella presa elettrica può essere un pericolo mortale.

Come ci sono dei rischi fisici, ci sono anche dei rischi spirituali. Solo che ci sono alcune differenze tra i primi e i secondi:

I primi si vedono spesso subito, con gli occhi “fisici”. I secondi possono essere visti solo con occhi “spirituali”, che bisogna con il tempo acquisire Be”H. Quindi possono risultare in alcuni casi, almeno per chi non ha ancora acquisito questo genere di vista “sproporzionati”.

Ma le cose non stanno così. Ritorniamo ai rischi fisici. Anche questi non sempre si vedono, ma dipendono spesso dalla conoscenza! Vedendo una presa elettrica, sembra innocua, addirittura forse anche invitante (almeno per un bambino) come posto per infilare le dita. D’altra parte chi “sa” che dietro la presa c’è la corrente, e che quest’ultima è pericolosa capisce bene le conseguenze delle cose.

Nessuno sano di mente direbbe che non è “proporzionale” la conseguenza del mettere le dita nella presa con l’azione stessa. Perchè? Perchè tutti sanno che è una diretta conseguenza – ci sono delle leggi della Natura contro cui non si può andare.

Chiaro e corretto. Ciò che spesso rischiamo – chas veshalom – di dimenticare chi ha fissato le leggi della Natura: הקדוש ברוך  הוא HaQadosh Barukh Hu ~ Il Santo Benedetto Egli Sia.  E come ha fissato delle leggi della Natura FISICHE così ci sono delle leggi della Natura SPIRITUALI.

Esattamente come l’elettricità non è possibile vederla se non attraverso modi particolari (per esempio attaccando all’interruttore un apparecchio elettrico, primo tra tutte la lampadina) e l’unico modo per sapere che c’è senza provarlo è studiarlo a sè. Le conseguenze delle azioni spiritualmente funzionano nello stesso modo: non è possibile vederli in modo diretto, a meno che una persona non abbia strumenti particolari, come il Ruach HaQodesh [senza entrare nel merito in dettaglio è forse possibile spiegarlo in poche parole come il collegamento “diretto” con HaQadosh Barukh Hu] o simili. In altri casi bisogna studiarselo… Perchè i chakhamim ז”ל ci rivelano anche le leggi della Natura SPIRITUALI.

Queste leggi della Natura SPIRITUALI hanno una particolarità – sono strumenti per comprendere meglio l’entità delle cose, designate direttamente dal Creatore secondo un principio di Middàh Keneghed Middàh. Il principio di Middàh Keneghed Middàh è solitamente tradotto come principio del contrappasso. Il principio generale consiste nel far sì che le cose che mi circondano si comportino in modo simile al mio, così da darmi la possibilità di comprendere l’entità delle mie azioni, sia nel bene che nel meglio. Se analizzo quindi le conseguenze spirituali delle mie azioni posso comprendere che entità abbiano. Ma proviamo a capire meglio questo importante concetto attraverso la spiegazione della conseguenza del נבלות פה “Navlut Peh” ~ “sporcare la bocca“.

Allora ritorniamo al punto…

Abbiamo visto che la ghemarà (Shabbat daf 33 ‘amud alef) dice “Dice Rav Chanan Bar Abbà … chiunque “sporchi la sua bocca” persino se gli è stato sigillato un גזר דין Ghezar Din ~ Giudizio di 70 anni di cose buone, si trasformano in male”, chas veshalom. Dobbiamo capire – che ragionamento abbiamo qui dietro?

a. Non si parla di un גזר דין Ghezar Din ~ Giudizio in ballo, ma di uno già decretato.

b. Si tratta di 70 anni, quindi quella che può essere tutta la vita di una persona, come s’impara dal libro di Tehillim.

c. Abbiamo una trasformazione in male del Ghezar Din positivo.

Come mai potrebbe essere proporzionale?

Ora cerchiamo di comprendere. Esattamente come l’uomo anche gli animali hanno un נפש Nefesh, livello di base dell’anima. La principale caratteristica per cui l’uomo si distingue dagli animali è il livello spirituale, caratterizzato dalla נשמה Neshamàh. La Neshamàh è un livello di anima che ci permette di formulare discorsi e concetti. Gli animali possono effettuare una שיחה Sichàh ~ una chiacchierata, ma non sono in grado di formulare concetti nuovi ed esprimerli. Quindi la caratteristica principale dell’uomo è la Neshamàh, che consiste nella capacità di parlare effettivamente.

Ora proviamo a considerare quali utilizzi può avere questo incredibile strumento: la parola. Se pensiamo anche al solo sviluppo della civiltà ce ne stupiamo.

Ora possiamo capire che questo strumento può avere un fine superiore. Quello di essere utilizzato per elevarsi e fare del bene all’Uomo stesso e a tutta l’Umanità!

Se utilizziamo questo strumento incredibile  (quello di parlare) per il fine opposto a ciò per cui è stato creato cosa stiamo facendo?

Semplicemente buttiamo via tutto il bene di una vita e lo trasformiamo in male.

Ecco che ora è molto più chiaro perchè c’è una conseguenza così gravosa alla nostra azione (parlare in modo inadeguato dicendo parolacce). Perchè questo è il significato intrinseco dell’azione.

In pratica…

Dopo aver capito quanto sia importante stare attenti a come si usa il proprio linguaggio, è necessario capire che non è facile cambiarlo immediatamente.

In particolare chi è abituato utilizzare una parolaccia come intercalare, ha difficoltà a cambiare.

E’ necessario farlo, ma gradualmente.

Un passo alla volta.

Il primo da fare è rendersi conto della situazione e cominciare a capire quali siano i termini da eliminare.

Il secondo è cercare dei termini sostitutivi che non abbiano un’accezione così negativa; se hanno un’associazione fonetica spesso è anche più semplice.

Faccio alcuni esempi: “cavolo”, “caspita”, “corpo d’una balena”, “per mille bombarde” e simili.

Alcune note importanti in brevissima

IMPORTANTE notare che bisogna evitare espressioni che cominciano con “PER…” che solitamente ricordano nomi di forme d’idolatria, che sono vietate da nominare.

IMPORTANTE inoltre sapere che HQB”H non ha lo scopo di punire, ma quello di educare. Quindi se una persona ancora non riesce ad abituarsi immediatamente è un problema, ma fino ad un certo punto. E’ VIETATO FARSI SENSI DI COLPA. Non è una cosa ebraica. ED E’ NEGATIVA E AUTODISTRUTTIVA. E’ una tecnica dello YETZER HAR’A!


Pubblicato da: deroryqra | febbraio 2, 2011

Tehillim Traslitterati

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http://dytehillim.blogspot.com/

Buona Lettura!

Pubblicato da: deroryqra | febbraio 2, 2011

Video Devar Toràh in Italiano: Parashàh di Terumàh!

Questo e altri nuovi Video sul nostro nuovo blog: http://deroryqra.blogspot.com

Deror Yqrà Productions
è lieta di presentarvi:
Introduzione alla Parashat Terumàh
Cos’è una Terumàh?
E’ una mizwàh applicabile oggi?
Cosa sono Chessed e Tzedaqàh e quando si applicano?
Queste e altre domande troveranno Be”H risposta in questo video!
Buona Visione

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